Si parla sempre più spesso di smart working e questo in molti casi, in particolare in Italia coincide con l’home working. Sempre più spesso si lavora da casa propria, in alcuni casi, come è avvenuto durante il lockdown si è obbligati a farlo, in altri si tratta di una precisa scelta che consente di trovare un migliore equilibrio tra la propria vita privata e l’attività lavorativa.
Stare più tempo in casa permette, ad esempio, di passare più ore con i propri cari, ma è anche una scelta smart perché riduce tempi e costi, pensiamo ad esempio a quelli per raggiungere il luogo di lavoro ogni giorno. È stato poi dimostrato da recenti ricerche, che il lavoro a distanza può tradursi in una maggiore produttività. Alcuni datori di lavoro ancora non si fidano, ma la percezione generale che si ha dello smart working sta rapidamente cambiando e per un numero crescente di lavoratori e aziende è ormai qualcosa di del tutto normale, che viene in alcuni casi addirittura incentivato.
L’home working, per essere veramente smart, deve però avere precisi presupposti, bisogna sapersi organizzare, avere un’adeguata attrezzatura e ritagliarsi degli spazi da dedicare al lavoro che siano ben distinti, se possibile, da quelli destinati ad esempio al riposo o al tempo libero.
Se si lavora in casa aumenterà la voglia di renderla più comoda, bella, funzionale e in linea con le nostre esigenze. Gli italiani spendono molto sulla casa, ma se si è in affitto chi deve pagare le opere di miglioramento, ordinaria o straordinaria manutenzione, l’affittuario o il proprietario? Questa è una domanda molto frequente e per trovare una risposta ci viene in aiuto una sentenza della Corte di Cassazione, la numero 15317 del 06/06/19.
La Sentenza della Suprema Corte precisa che i diritto del conduttore a ricevere un indennizzo per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell’art. 1592 cc che gli interventi siano stati realizzati con il consenso del locatore e informandolo debitamente anche sui costi che avrebbe dovuto sostenere. Il consenso non può essere in nessun caso implicito, anzi la manifestazione di volontà deve essere precisa ed esplicita. Il locatario non può accontentarsi di una generica autorizzazione ad effettuare i lavori, se desidera poi farli pagare, anche solo in parte dal locatore.
Per evitare confusione la Cassazione ha anche voluto precisare che i concetti di “miglioramento” e di “manutenzione” sono ben distinti. In entrambi i casi comunque il proprietario dell’immobile deve essere debitamente informato e nel caso in cui si chieda un suo contributo per le spese questo dovrà essere esplicitato e quantificato con chiarezza, prima dell’inizio dei lavori.
In genere i contratti di affitto prevedono che le spese di straordinaria manutenzione siano a carico dei proprietari, mentre per la manutenzione ordinaria o per eventuali miglioramenti, atti ad esempio a rendere la casa più adatta alla propria attività lavorativa, sarà opportuno avere di volta in volta un confronto franco e aperto tra locante e locatario e valutare anche un’eventuale compartecipazione alle spese, che però non può assolutamente essere imposta o pretesa in alcun modo.